Ricorso  della  regione  Emilia-Romagna,  in persona del presidente
 della giunta regionale pro-tempore, rappresentata e difesa  dall'avv.
 Alberto Predieri ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in
 Roma,  via  G.  Carducci,  4,  come da mandato a margine del presente
 atto,  contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  per  la
 dichiarazione   di   illegittimita'   costituzionale   dell'art.   2,
 dodicesimo, quindicesimo,  sedicesimo  e  diciassettesimo  comma  del
 d.-l.  5  dicembre  1991,  n.  386,  convertito in legge con legge 29
 gennaio 1992, n. 35.
    1. - La legge 29 gennaio 1992, n. 35, ha convertito  in  legge  il
 d.-l.  5  dicembre  1991,  n.  386, recante trasformazione degli enti
 pubblici  economici,  dismissione  delle  partecipazioni  statali  ed
 alienazione di beni patrimoniali suscettibili di gestione economica.
    2.  -  L'art. 2 del d.-l. reca norme, non molto chiare talvolta, e
 disposte in una consecuzione non molto ordinata, sull'alienazione dei
 beni del patrimonio dello Stato.
    Secondo il primo comma, beni suscettibili di  gestione  economica,
 anche  in  relazione  alla  destinazione  urbanistica,  o  di diretta
 alienazione (ma come si vedra' per il successivo nono comma  tutti  i
 beni  individuati  sono  destinati,  prima  o  poi,  all'alienazione)
 vengono individuati, sotto la vigilanza di un  comitato  di  Ministri
 (sesto  comma)  composto dai ministri delle finanze, del tesoro e del
 bilancio, da taluni soggetti, banche od operatori privati incaricati.
    Il secondo comma prevede che questi beni possono essere  conferiti
 a societa' con capitale misto che possono gestirli o alienarli.
    Il  sesto  comma  prevede  che  queste  gestioni e vendite vengano
 effettuate secondo un programma  (imputabile  a  chi?  alle  societa'
 proprietarie?)  redatto  (non  si  sa  da  chi) secondo direttive del
 Comitato dei Ministri.
    Il  nono  comma,  stabilisce che nell'ambito di queste gestioni si
 destinano i  proventi  alla  valorizzazione  dei  beni  o  alla  loro
 redditivita',   d'intesa  con  gli  enti  locali  per  la  successiva
 alienazione.
    L'undicesimo comma prevede un comitato tecnico  "istituito  presso
 il  ministero  delle  finanze composto da un direttore generale dello
 stesso ministero, che lo presiede, da un magistrato del Consiglio  di
 Stato, da un magistrato della Corte dei conti, dal direttore generale
 della direzione generale del coordinamento territoriale del ministero
 dei  lavori  pubblici,  da  tre dirigenti generali in rappresentanza,
 rispettivamente, dei  ministri  del  tesoro,  del  bilancio  e  della
 programmazione  economica e per i beni culturali e ambientali, da tre
 esperti particolarmente qualificati,  designati  dal  Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri, nonche' da un rappresentante del presidente
 delle giunte delle regioni". Esso esprime i pareri occorrenti ai fini
 della vigilanza e delle procedure.
    Il  dodicesimo  comma  che  questo  comitato  per  le  valutazioni
 urbanistiche  sia  integrato  dal sindaco del comune e dall'assessore
 regionale all'urbanistica nel cui territorio sono  dislocati  i  beni
 immobili.
    Il  quindicesimo  comma  prevede  che  il  ministro  delle finanze
 convoca  una  conferenza  di  servizi  "cui   partecipano   tutti   i
 rappresentanti   delle  amministrazioni  dello  Stato  e  degli  enti
 pubblici  comunque  tenuti  ad  adottare  atti  d'intesa,  nonche'  a
 rilasciare  pareri, autorizzazioni, approvazioni, nulla osta previsti
 da leggi statali e regionali".
    Il sedicesimo comma prevede che la conferenza valuta  i  programmi
 di alienazione, di gestione, di valorizzazione, nonche' gli eventuali
 progetti  esecutivi  connessi  con  le  finalita'  dell'articolo, nel
 rispetto  "delle  disposizioni  relative  ai  vincoli   archeologici,
 ambientali,  storici,  artistici  e  territoriali, esprimendosi su di
 essi entro quindici giorni dalla convocazione".
    La conferenza apporta le opportune modifiche, ove occorra.
    Non e' detto nella legge a che cosa  essa  apporti  le  modifiche;
 potremmo  avere  il  dubbio  se le apporti al programma, al progetto,
 all'atto  o  agli  atti  che  secondo  il  programma  o  il  progetto
 costituiscono  nella loro forma e nel loro contenuto un ostacolo alla
 realizzazione del programma o del progetto. Il dubbio  viene  risolto
 dall'ultima parte del comma che stabilisce che la commissione apporta
 le  "opportune  modifiche,  senza  che cio' comporti la necessita' di
 ulteriori deliberazioni per quanto concerne gli interventi  dell'ente
 locale,  in  deroga  a  quanto  stabilito dall'art. 27, quinto comma,
 della legge 8 giugno 1990, n.  142"  il  quale  dice  "ove  l'accordo
 comporti  variazione  degli  strumenti  urbanistici,  l'adesione  del
 sindaco allo stesso deve essere  ratificata  dal  consiglio  comunale
 entro  trenta  giorni  a  pena  di  decadenza".  Se  ne deduce che le
 modifiche  possono  riguardare  atti  e   particolarmente   i   piani
 urbanistici.
    3.   -   Ricostruendo   all'indietro  il  contorto  cammino  delle
 disposizioni, abbiamo:
      a) che la conferenza puo' assumere  all'unanimita'  approvazioni
 del programma di alienazione, gestione, valorizzazione, con atto che,
 se  assunto  all'unanimita',  sostituisce  ad  ogni  effetto gli atti
 d'intesa, i pareri, le autorizzazioni, le approvazioni, i nulla  osta
 previsti da leggi statali e regionali;
      b)  che  l'approvazione  "comporta in ordine alle alienazioni ed
 alle valorizzazioni di cui al presente articolo, per quanto  occorra,
 variazione  anche  integrativa agli strumenti urbanistici ed ai piani
 territoriali, ivi compresi i  piani  regolatori  aeroportuali,  senza
 necessita' di ulteriori adempimenti";
      c)  che la conferenza puo' modificare gli strumenti urbanistici,
 senza che vada osservata la regola posta dalla legge  sulle  autonome
 locali  (al  solito, vien fatta una legge generale che viene disfatta
 con leggine, questa volta con  violazione  piu'  grave  del  consueto
 perche'  la  legge generale e' prevista come necessaria dall'art. 128
 della Costituzione).
    4.  -  Questo  sistema  viola  le  competenze  regionali  in  modo
 dirompente,  perche'  sostituisce  alle  competenze  relative ad atti
 regionali, e particolarmente agli strumenti urbanistici  e  ai  piani
 regionali   che  appartengono  per  lo  piu'  ad  organi  collegiali,
 consiglio (art. 7 dello statuto dell'Emilia-Romagna e  art.  6  della
 legge  Emilia-Romagna  n. 36/1988) e giunta (artt. 4 e 15 della legge
 Emilia-Romagna n. 18/1975 e successive modifiche e integrazioni; art.
 46 della legge Emilia-Romagna n. 6/1984), cosi' come appartengono  ai
 consigli  comunali  per gli atti complessi urbanistici di imputazione
 regionale, secondo le leggi statali di principio e secondo  le  leggi
 regionali,  la  competenza  del rappresentante della regione invitato
 alla conferenza dei servizi.
    Sia che esso sia il presidente della  giunta  regionale,  sia  che
 esso  sia  il  presidente del consiglio regionale o un assessore o un
 consigliere  o  un  funzionario,  abbiamo  una  persona  che  non  e'
 istituzionalmente   in  grado  di  concentrare  in  se'  la  potesta'
 decisionale  regionale  che   l'assume,   sostituendosi   ad   organi
 collegiali,  sostituendo  alle procedure complesse un puro e semplice
 assenso del rappresentante, da  esprimere  nel  termine  di  quindici
 giorni,  che e' palesemente insufficiente anche per l'acquisizione di
 un parere.
    Viene  rovesciata  tutta  la  legislazione,   attribuendo   poteri
 decisionali  a  soggetti  che, chiunque essi siano, non ne hanno; non
 esiste, per fare uno dei tanti esempi, un  organo  monocratico  o  un
 qualsiasi  soggetto  non  collegiale  che  possa  approvare  da  solo
 modifiche ad un piano regolatore che e' sempre un atto complesso;  se
 mai una norma di questo genere esistesse, non sarebbe legittima, come
 ha insegnato la Corte nella sentenza n. 13/1980.
    Il  dare  poteri  che non vengono dati dalle leggi regionali (sole
 competenti alla attribuzione) e' invasione di sfere garantite.
    Ne' si puo'  obiettare  che  la  legge  e'  legittima  perche'  il
 rappresentante  della  regione non e' tenuto a decidere e puo' sempre
 rispondere di non poter decidere perche' non e' competente.
    Dal momento che  in  nessun  caso  un  Presidente  di  giunta,  un
 assessore  e  via  dicendo, cosi' come un sindaco, un assessore e via
 dicendo, sono competenti a modificare un piano regolatore secondo  le
 leggi vigenti, e' chiaro che o viene risposto riportandosi alle leggi
 e  allora  una  legge che predisponga un congegno all'unico scopo per
 far rispondere ai convocati di non essere competente e' irragionevole
 e percio' illegittima; oppure si vuole attribuire con la legge - come
 si e' voluto in effetti - un potere che il soggetto non aveva,  e  la
 cui attribuzione e' illegittima perche' invade l'area riservata dalla
 Costituzione alla regione.
    5.  -  Va  anche  aggiunto  che  se il metodo delle conferenze che
 decidono all'unanimita', che e' stato talvolta usato, poteva  trovare
 giustificazioni   o   spiegazioni   in   situazioni  particolari  che
 richiedevano una urgenza particolare, non ne trova nessuno  nei  casi
 previsti  dalla legge n. 35/1992, in cui non vi e' nessun termine ne'
 per l'alienazione dei beni del patrimonio, ne' per la valorizzazione.
 La quale, anzi, dev'essere fatta, di  norma,  con  i  proventi  della
 gestione;  quindi,  dopo  un  congruo  periodo  di  tempo,  che  puo'
 consentire   un   corretto   ricorso   alle    competenze    previste
 dall'ordinamento  regionale.  In  altre parole, se poteva pensarsi ad
 una qualche giustificazione di un  metodo  analogo  introdotto  nella
 legge   n.   205/1989   (Interventi   infrastrutturali   nelle  opere
 interessate dai campionati mondiali  di  calcio  1990),  raffazzonata
 all'ultimo  momento  per  i  mondiali,  che  gia'  aveva  ricevuto le
 critiche della dottrina (p.m. Piacentini, La conferenza  di  servizi:
 considerazioni  generali, in Riv. trim. appalti, 1989, n. 4, 1131; C.
 Caturani, La conferenza  di  servizi:  profili  costituzionali,  ivi,
 1989,  n. 5, 1155), nel caso in questione manca qualunque parvenza di
 ragionevole giustificazione.
    6. - Del pari viola le competenze regionali in materia urbanistica
 l'aver attribuito funzioni consultive ad un assessore  regionale  nel
 dodicesimo comma.
    7. - Va anche aggiunta una particolare considerazione sulla deroga
 disposta  alle  statuizioni  della legge n. 142/1990, che costituisce
 violazione dell'art. 128 della Costituzione, in particolare relazione
 con la norma interposta dell'art. 1, terzo comma, della legge secondo
 cui "ai sensi dell'art.   128  della  Costituzione,  le  leggi  della
 Repubblica  non possono introdurre deroghe ai principi della presente
 legge se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni".
    La  violazione  dell'art.  128  della   Costituzione,   per   aver
 sostituito con una leggina o, comunque, una legge speciale, una norma
 della  legge  generale  che sola, per la Costituzione, e' abilitata a
 regolare  i  rapporti  fra  comuni,  province,   Stato   e   regioni,
 costituisce  lesione  dell'autonomia  regionale;  la  regione  ha  il
 diritto che questi rapporti,  in  quanto  non  siano  regolati  dalla
 Costituzione,  lo  siano  con  una legge generale qual'e' la legge n.
 142/1990, che regola esplicitamente con la norma fondamentale del suo
 art. 3, collocato fra i principi generali,  i  rapporti  tra  comuni,
 province,   regioni,   la  cui  collaborazione  e  armonizzazione  e'
 fondamentale, come  e'  esplicitamente  previsto  dall'art.  4  dello
 statuto  regionale  e  dall'art.  40,  che  sancisce che "La regione,
 nell'esercitare le proprie competenze in conformita' ai  principi  di
 cui agli artt. 2, 3 e 4 dello statuto, riconosce nelle province e nei
 comuni  un  momento  essenziale  dell'autogoverno  delle  popolazioni
 dell'Emilia-Romagna; promuove, con proposte di  legge  al  Parlamento
 della  Repubblica  ed  altre  opportune  iniziative l'adeguamento del
 sistema provinciale e comunale all'esigenza di autonomia  degli  enti
 locali.
    La   regione,   sentite  le  popolazioni  interessate,  puo',  con
 modalita'  fissate  dalle  leggi  regionali,  istituire  nel  proprio
 territorio   nuovi   comuni,  modificare  le  loro  circoscrizioni  e
 denominazioni e procedere a loro fusioni.
    La  regione,  nel perseguire gli obiettivi della programmazione ed
 il piu' funzionale esercizio  dell'azione  amministrativa,  collabora
 con  le  comunita'  montane  e  promuove  forme  di associazione e di
 cooperazione fra gli enti locali".
    Cio'  vale  sempre,  ma  tanto  piu'  quando  la  legge  generale,
 illegittimamente   derogata,  regoli  in  modo  specifico  proprio  i
 rapporti comuni, province, regioni, in quella azione  coordinata  che
 e'  prevista dall'art. 27 della legge n. 142/1990, che predispone gli
 accordi  di  programma  come  strumento  di  quella  azione,  con  la
 particolare  disposizione  dell'art.  27, quinto comma, oggetto della
 deroga.